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8.5.2019, 13:29 - Archivio

Dal cestino al serbatoio di carburante

Dal cestino al serbatoio di carburante

  • Un progetto supportato da SEAT permette di trasformare i rifiuti organici in biocombustibile 
  • Una riduzione delle emissioni di CO2 dell’80% e meno rifiuti tra i vantaggi di quest’iniziativa
  • Il biometano può essere utilizzato per qualsiasi vettura alimentata a gas

Martorell/Schinznach-Bad, 08.05.2019. Ci sono veicoli che funzionano con alimentazione a petrolio, elettricità e gas naturale compresso, ovvero a metano. Ora si può aggiungere alla lista una nuova alimentazione, partendo dalla nostra pattumiera. Questo è l’obiettivo del progetto Life Methamorphosis: ottenere biometano a partire dai rifiuti organici. Ed ecco come, in 5 passi, i nostri rifiuti organici diventano gas rinnovabile.

1. Riciclare. Ogni abitante di Barcellona genera all’incirca 1,5 kg di rifiuti al giorno, per un totale di 2,5 milioni di kg di rifiuti al giorno, dei quali solo il 40% viene riciclato. “Con tutte le immondizie organiche che si generano potremmo produrre una quantità di biometano sufficiente per alimentare circa 10’000 veicoli per circa 15’000 chilometri all’anno”, condivide Andrew Shepherd, ingegnere di SEAT responsabile del progetto Methamorphosis. Di tutti i rifiuti raccolti presso l’Ecoparc 2 di Barcellona, per produrre il biometano si selezionano i rifiuti provenienti dai bidoni/contenitori marroni destinati ai residui organici e ciò che può essere utilizzabile dai contenitori grigi. Questa è la materia prima destinata a diventare biocarburante.

2. Trasformare. Una volta selezionati i rifiuti organici, proprio all’Ecoparc inizia il processo di trasformazione. I rifiuti vengono introdotti in digestori anaerobici di 26 metri circa di altezza, l’equivalente di un palazzo di 8 piani, con una capacità singola di 4’500 m3. All’interno del digestore non vi è presenza di ossigeno, e ciò dà inizio al processo di decomposizione che genera dei gas. Dopo 30 giorni circa, si ottiene il biogas con un 65% di metano. “Questo biogas non ha ancora la qualità necessaria per alimentare un propulsore a metano SEAT, ed è quindi necessario raffinarlo”, commenta Shepherd. Inoltre, viene sfruttato tutto, dato che i residui di materiale organico avanzati non trasformati in biogas vengono utilizzati come fertilizzanti.

3. Purificare e comprimere. A questo punto, abbiamo una mescola di metano e diossido di carbonio, che deve essere però purificata per ottenere biometano di ottima qualità, adatto ad alimentare le vetture. L’ingegnere di SEAT spiega che “uno dei principali sforzi del nostro progetto è mirato ad assicurare che la qualità del gas sia ottima. Alla fine della ricerca, verificheremo come l’utilizzo esclusivo del nostro biometano abbia influito sui motori delle quattro vetture su cui lo stiamo testando”. Successivamente alla fase di raffinamento, il gas viene compresso e immagazzinato.

4. Fare rifornimento.  Il biometano è pronto per essere utilizzato su qualunque vettura alimentata a gas. L’operazione di rifornimento alla pompa utilizzata per il progetto non dura più di 3 minuti. “Questo biometano può essere tranquillamente introdotto nella rete di distribuzione generale del metano. Dal punto di vista chimico, ha la stessa composizione, per cui può essere utilizzato sia direttamente, sia mescolato con il gas convenzionale”, afferma Shepherd.

5. Rodaggio. Anche se attualmente il progetto di Methamorphosis genera il biometano sufficiente per alimentare le 4 vetture coinvolte nella prova pilota, l’Ecoparc 2 ha il potenziale per produrne molto di più. Se si raffinasse tutto il biogas dell’Ecoparc 2 a biometano, 3.750 SEAT Leon potrebbero fare il giro del mondo ogni anno. “Con questo gas rinnovabile, affrontiamo questioni attualmente molto importanti: contribuire all’economia circolare, ridurre i rifiuti e ridurre l’effetto serra, poiché la produzione e uso del biogas genera un 80% in meno di emissioni di CO2 rispetto alla benzina”, conclude Shepherd. Oggi, 3 SEAT Leon e 1 Arona alimentate con il biometano stanno circolando al fine di verificarne l’effetto sui propulsori dopo un rodaggio minimo di 30’000 chilometri ciascuna.

 

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